L’arte di Umberto Manzo tra la forma reale e la sostanza metafisica

la repubblica napoli / 6 febbraio 2023


Umberto Manzo segue un processo formale che consiste nell’impilare e stratificare i propri disegni tagliati in strisce sottili. La personale di Manzo, che ritorna a esporre allo Studio Trisorio, si inaugura sabato alle 11 (nei due spazi di Riviera di Chiaia, 215 e in via Carlo Poerio, 116; fino al 1 aprile. Orario: da lunedì a sabato dalle 10 alle 14 e dalle 15 alle 19).
Napoletano, classe 1960, le opere di Umberto Manzo fanno parte di importanti collezioni private italiane e internazionali e alcuni dei suoi lavori di grandi dimensioni sono installati nella Stazione Quattro Giornate della Linea 1 della Metropolitana di Napoli, nell’Aeroporto di Capodichino, e sono stati acquisiti nel 2018 nelle collezioni del Museo di Capodimonte e del Museo Madre.
Per l’occasione Manzo, nelle due sedi dello spazio di Laura e Lucia Trisorio, presenta una grande installazione a parete formata da quindici elementi orizzontali realizzati con la tecnica della stratificazione e la sovrapposizione di migliaia di fogli colorati uno per uno, anche sul taglio dal piccolissimo spessore. Questo le trasforma in opere non più bidimensionali ma sviluppate nelle tre dimensioni spaziali. Il grande polittico modulare, composto da cioè da parallelepipedi tutti uguali (viene da pensare alle sculture modulari del minimalista Donald Judd) forma una tavolozza di monocromi dai colori della terra, che vanno dai bruni ai verdi agli aranci, ai grigi, fino a un azzurro cielo polveroso, come in un archivio della memoria da cui estrarre di volta in volta dalla parete parti di sé. Del resto Umberto Manzo, che lavora da interno a esterno e tra vuoto e pieno, rappresenta spesso corpi in cui la sagomatura della figura viene progressivamente decostruita per cogliere la sostanza metafisica dell’immagine e cercare l’alterità di una forma reale. Avviene così per il disegno di una mano riproposta per strisce di colore, anch’essa racchiusa in una teca, come usa fare l’artista, che conferisce così alle immagini delineate un volume, l’illusione del tutto tondo. «Per me l’opera ideale – afferma Manzo – è quella che contiene in sé un’infinità di cose e quest’infinità di cose, racchiuse in un’unica opera, sono visibili per frammenti, per particolari e tracce; è un modo per raccontare il tutto». E la visione che propone di questo “tutto” è quella di forme viste attraverso il “taglio”, una restrizione di campo per arrivare all’essenziale, come restringendo il campo visivo a uno sguardo orizzontale che assomiglia a una messa a fuoco. In mostra anche disegni realizzati su tela con grafite e foglia d’oro o con filo di ferro, che rivelano una tecnica di stratificazione più lieve e delicata. Cromatismi anche per il profilo disegnato della testa di una statua classica, dove l’artista crea una continuità ideale tra antico e moderno. L’unica scultura raffigura la sagoma di una testa traforata, svuotata e riempita da carte tagliate a strisce, di colori diversi come coriandoli: si situa tra le macchine di Leonardo e la Metafisica, forse con una reminiscenza dei giocattoli di Savinio.

Renata Caragliano
Stella Cervasio


 
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