Le sculture messe a dormire

il mattino / 13 febbraio 2020


Allo Studio Trisorio la mostra di Maiorino che disegna forme tridimensionali ingabbiandole in cornici-scatole. Tra nuove geometrie, volumi e insolite figure, sembra pittura ma non lo è

Il disegno attraverso cui si realizza la creazione di nuove forme; il colore che sottolinea vicinanze e distanze dall'opera; il vetro usato come una sorta di velario che in parte nasconde e in parte rivela. E dall'incrocio armonico di queste tre direttrici che nasce l'opera di Alfredo Maiorino, in mostra da domani allo Studio Trisorio (Riviera di Chiaia 215. inaugurazione ore 19) in una personale intitolata «Giallo camera».
«Dialogo molto con l'architettura – racconta l'artista – che nel mio lavoro si sovrappone totalmente allo spazio pittorico. L'idea portante di questa mostra, per esempio, si rifà alla pianta della galleria che ripropongo in una maniera che trascende lo spazio fisico. La realtà e in che si trasforma in astrazione». Per Maiorino, dunque, tutto parte dalla pratica del disegno da cui si animano forme di grande varietà, che si manifestano in vere e proprie sculture «che maturano dopo una mia lunga riflessione su geometrie e volumi. Il tempo è quello che mi permette di trasformare l'idea concettuale in forza emotiva – dice ancora l'artista nocerino, con il suo sorriso di eterno ragazzo benché sia ormai un maturo 54enne – Perché la forza di un'opera d'arte è proprio quella di andare oltre ciò che rappresenta».
E Maiorino si affida proprio al principio dell'allusione: le forme che propone a primo acchito sembrano familiari – prismi, cilindri, parallelepipedi vari – ma in realtà sono figure che alludono ad altro, a qualcosa che sembra appartenere a nuovi universi. Nel gioco di rimandi visivi e imbrogli ottici, le opere sono a tutti gli effetti delle sculture, forme in legno costruite e «messe a dormire» all'interno delle cornici-scatole. «Per me restano dipinti», afferma l'artista. Ma la loro tridimensionalità, benché appiattita, schiacciata, rimane molto presente. Anche se l'immagine finale restituisce una condizione pittorica fatta di sfumature, evanescenze. L'elemento straniante è il vetro sabbiato che fa da filtro tra l'oggetto e chi guarda, traducendo tutto in una bidimensionalità inquietante.
Maiorino lavora sui limiti, imbrigliando, addomesticando e mettendo un freno all'ipotesi di scultura, e lasciando invece piena libertà al dipingere, che qui si propone nelle sue possibilità più sfrenate. Il colore viene usato per sottolineare una distanza: sono sfumature poco identificabili sul disco cromatico, e no possono apparire «calde» o «fredde» a secondo dei punti di vista, della luminosità dell'ambiente, di luci e ombre che lasciano percepire profondità variabili al punto che i lavori sembrano posti su piani sfalzati, ed erroneamente alcuni appaiono più vicini di altri.
Si crea così un'atmosfera magica che travalica il tempo: le forme diventano inafferrabili, sfuggono in un luogo altro dove di sembrano fluttuare in una dimensione quasi spirituale. E nelle loro figure seducenti si rivelano all'emozione. «Queste opere mi sembra che contengano tutto il tempo che io gli ho dato per realizzarle – conclude Maiorino – E come se crescessero con me, perché quel tempo è la mia vita. Che qui viene racchiusa e mostrata».

Alessandra Pacelli


 
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Alfredo Maiorino allo Studio Trisorio, Napoli

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Diciassette opere-contenitore, l’arte “gialla” di Maiorino